venerdì 25 settembre 2015

L'ULTIMO GIORNO. E DA DOMANI UN LAVORO FORMATO MAMMA



Eccomi qui. 
Con una borsa piena di ricordi che pesa molto di più del suo contenuto. E un ombrello di quelli grandi, anche se oggi c'è il sole.
Si vede lontano un chilometro che è una giornata di traslochi. Anzi, di addii, dato il fazzoletto umido appallottolato tra le mie mani.
Non ci sono solo i quaderni di laboratorio e gli appunti scrupolosamente custoditi in questi ultimi 12 anni della mia vita, in questo borsone. Non ci sono solo le idee e i progetti di una aspirante ricercatrice scarabocchiati in ogni tipo di foglio.


Ci sono anche volti, sorrisi, risate, scenette, mangiate insieme, paure, incoraggiamento, coraggio...ci sono giorni felici e soprattutto ci sono persone, anzi amici.
Lo so che forse è stupido versare lacrime per un'occasione come questa, che in fondo è un giorno felice, un giorno in cui ho la possibilità di ricominciare, un giorno che darà il via a giornate ridimensionate che mi faranno stare più vicino alla mia famiglia, un giorno che mi permetterà di andare a prendere mio figlio al nido e avere ancora ore di luce da trascorrere insieme, invece che lasciarlo ad una baby sitter, a giornate in cui avrò addirittura qualche ora a settimana 'tutte per me'. Un giorno che ho scelto liberamente io di vivere. 


Un giorno che mi fa passare dal l'incertezza per il futuro lavorativo ad una grande certezza. Che oggi è una gran cosa.
Però non ce l'ho fatta a trattenerle. 
Saluti veloci per non farsi cogliere dal fiume in piena che improvvisamente ho sentito dentro. E meno male che con la mia Amica-Collega ci siamo salutate ieri...altrimenti lo so che non ce l'avremmo fatta proprio...
Ma in fondo è bello lasciare un lavoro con le guance bagnate di lacrime e il cuore piccolo piccolo che batte forte nel petto. Vuol dire che non è stato solo un lavoro. Vuol dire che è stata una parte della vita che mi ha cresciuto, mi ha fatto diventare ciò che sono oggi.
Vuol dire che ho avuto la fortuna di incontrare persone che mi hanno accolto e con cui si è diventati ben più che colleghi.
Vuol dire che sono stata proprio fortunata.
Da domani parte la mia seconda vita, che in parte ho già potuto 'testare' in questi ultimi mesi di 'vite parallele'.
Una vita, un lavoro del tutto diversi, come impegno fisico, mentale ed emotivo, come orari, come luogo. Ma che mi piacerà, lo so. Gli assaggi sono stati ottimi. 


Nel mettere a posto la mia parte di scrivania, oggi ho ritrovato questo quadernetto, il primo in cui ho iniziato a scrivere di statistica, analisi multivariata, chemiometria ai tempi della tesi di laurea. 
L'occhio mi è caduto subito sul nome del farmaco pubblicizzato in copertina e ho pensato subito, inconsciamente: "4 mg scatola rossa, 6 mg scatola arancione. Cassetto in basso a destra"...ops! Deformazione professionale ancora prima di iniziare la vita da farmacista! 
Ho sorriso. Forse era già scritto lì, in quel primo simbolo della mia vita universitaria, ciò che avrei fatto in seguito. 
L'ho preso come un segno che questa giornata fosse già stata scritta.
Però insomma...rimane un pochino l'amaro in bocca e il fatto che non è facile trovare o accettare un altro sogno nel cassetto, quando se ne era trovato uno. 

Userò il weekend per far depositare le emozioni...e da lunedì nuovo ritmo, nuova vita...'formato mamma'!

domenica 20 settembre 2015

GENERAZIONI DI MAMME. SESSANT'ANNI DI MAMMITUDINE


Questa è una delle foto che più adoro. Le mamme della mia famiglia. Sessant'anni di mammitudine. 
Oltre che un'evidente somiglianza generazionale che fa sì che ognuna di noi possa specchiarsi nell'altra per vedere com'era e come sarà.

Mia nonna, mamma degli anni '50, tutt'oggi il riferimento per tutta la famiglia. Sarta di professione e per passione (pure oggi che di anni ne ha 91), è la mamma 'di una volta', di quelle che non le fanno più, quella che ha avuto tre figli in due anni e mezzo e aveva comunque tutta la vita familiare sotto controllo, quella che in casa si occupava di tutto, quella che faceva sedere mia mamma sul pedale mobile della macchina da cucire mentre lavorava così lei poteva divertirsi e starle comunque vicina, quella che ha sempre organizzato le riunioni di famiglia, quella che cucinava per venti persone e questo era il modo più naturale di trascorrere una domenica, quella che i ravioli, li impastava e le melanzane per la parmigiana, le friggeva, quella che riesce a smacchiarti ogni capo d'abbigliamento da ogni tipo di macchia, quella che ancora oggi fa le pulizie in grande quando deve passare il prete a benedire. E in tutto questo, sempre con ago e filo in mano. 

Mia mamma, mamma degli anni '80, mamma farmacista con gli orari 'difficili' di questa professione, quella che ha fatto salti mortali per fare le cose come le faceva mia nonna pur lavorando fuori casa, quella che trovava sempre del tempo da dedicare a me e mio fratello nelle pause dal lavoro, quella che impastava la pasta per la pizza nell'ora di pausa per farci mangiare sano...ma che ogni tanto si concedeva di cucinare la 'Pizza Catarì', quella che ha continuato le tradizioni materne in tema di riunioni familiari, quella che dà la cera ai pavimenti, quella che ha sempre stirato tutto (ma proprio tutto!), quella che solo ora che siamo grandi riesce a ritagliarsi anche uno spazio per i suoi interessi fuori casa.

Poi ci sono io, mamma del 2013...quella che il lavoro ce l'ha anche se precario, anche se a 40 km da casa, quella che ha il freezer sempre piano di riserve di cibo...spesso acquistato già surgelato, quella che ha sempre una confezione di riso col condimento liofilizzato pronto in cinque minuti...e lo da anche al figlio, quella che la cera sui pavimenti di casa l'ha data solo la prima volta, quella che lava i piatti ogni due giorni con la lavastoviglie, quella che non stira i vestiti del piccolo di casa...perchè 'tanto la sera sono di nuovo a lavare', quella che coinvolge il figlio in tante attività diverse dall'acquaticità ai laboratori educativi per condividere con lui i suoi momenti liberi, quella che sta sui social e condivide anche lì la sua vita da mamma.
Quella che, insomma, sfigura un po' in quanto a 'economia domestica' rispetto alla nonna e alla mamma.

Tre mamme diverse...

Ma diverse solo in apparenza. Solo in relazione al concetto di maternità, che, come è ovvio, si è modificato nel tempo, così come sono cambiati i ritmi della vita, sempre più veloci, sempre più da ottimizzare. 
Dopo una concezione 'familiare' della maternità, come ai tempi di mia nonna, noi donne abbiamo 'vinto' il lavoro fuori casa e per forza di cose i confini della maternità si sino allargati, rendendo la maternità veloce, fatta di momenti e non di giorni, fatta di tempo di qualità e non di continuità. Una maternità che si condivide sui social, che diventa un po' 'di tutti'.

Però...ecco, penso che anche se cambiano i ritmi, cambiano le società...la cosa bella è che non cambiano le mamme.

Ognuna a suo modo, ognuna secondo i suoi ritmi sa ritagliarsi i momenti per essere mamma, moglie e donna...sa creare quei ricordi che ci portiamo dentro e trasmettiamo alle nuove generazioni. Non importa la società in cui vive, il lavoro che fa, il tempo che ha a disposizione.

Dopo sessant'anni, noi mamme della famiglia siamo più uguali che mai, pur nella nostra diversità 'pratica'. 
Nonostante mia mamma non si dia pace che io non stiri gli abiti di BabyD o che mi guardi un po' diffidente perché lo porto in fascia o uso i pannolini lavabili o biodegradabili, abbiamo tutte lo sguardo amorevole e attento verso i nostri figli, che abbiano due anni o sessanta.

E il mio non essere capace di impastare le lasagne o il mio non stirare non limita la mia possibilità di essere la mamma di cui ha bisogno il mio cucciolo, cosa che su cui spesso rifletto.

Sì, forse all'inizio di questo post, mi ripetevo questa frase come un mantra per auto-convincermi di non essere da meno rispetto alle altre mamme della famiglia...ma mano mano che scrivevo ho capito che davvero posso non essere da meno anche se figli e nipoti non mi ricorderanno per la crostata alla marmellata o la zuppa di pesci o per saper risolvere i problemi tipici di una casalinga...ma magari per essere la mamma che aveva un blog :-)

La mammitudine è davvero una condizione senza tempo e senza spazio...che non risente, nella sua essenza, del trascorrere del tempo e delle diversità sociali...che fa sì che io possa parlare di parto, allattamento, svezzamento, primi passi e prime parole nello stesso modo con una mia coetanea o con mia nonna...è davvero un filo che lega e unisce le generazioni...è il bello di essere mamma!


(Questo post partecipa al tema del mese #unanessunacentomilamamme lanciato dalle #stormoms. Seguile su Facebook qui.)

sabato 12 settembre 2015

DANILESE-ITALIANO. COME CAPIRE MIO FIGLIO CHE HA APPENA INIZIATO A PARLARE



Questa è stata l'estate delle parole. Dopo le primissime paroline, in questi mesi estivi ogni giorno, BabyD ne ha imparato una nuova. Ogni giorno, sempre di più, ha iniziato a ripetere i suoni che gli dicevamo. 

Il tutto sotto il mio sguardo sorpreso...perché come sempre mi pare una cosa strana che lui faccia 'cose da bimbo grande'!


Le paroline sono arrivate...ma certo non tutte hanno un suono  chiaro ed inequivocabile. Alcune sono quasi uguali 'all'originale' e quindi facilmente capibili da tutti, altre, invece, sono proprio inventate da lui...con suoni che hanno un perché sempre molto divertente!


Così ecco il primo vocabolario Danilese-Italiano, le parole base per capire ciò che dice BabyD :-)


A

Acqua = acqua 

A ca-a = andiamo a casa
Ananna = zia Arianna
B
Beee = caprette
Bibi = bimbi
Brumme = moto o macchina
C
Ca = cane o gatto (veri o di peluche)
Ca-a = casa
Cacca = cacca o pipì
Cae = scale
C'è = non c'è
Cia Ciao = Ciao
Ciccia = carne
Cuccu = ciuccio o succo
Cucù = nascondersi, in qualsiasi forma, ma anche fare 'toc toc' con la mano contro una finestra o una porta
D
Deci = gradini [questa è la più divertente: le scale per salire al nostro appartamento sono costituite da rampe di dieci scalini, che ogni volta che si sale o si scende conto ad alta voce. Ecco che ogni gradino si chiama 'deci']
G
Gigi = zio Luigi
I
Iiii = camion, gru e simili [forse 'Iiii' è la sirena?]
M
Mae = mare o male
Mah = 'questa cosa non mi convince!'
Mamma = mamma
Ma mamma = la mamma
N
Na = nonna
Nooo = No
Nonnu = nonno
O
Oh oh = 'ho fatto un pasticcio' oppure 'guarda cosa c'è qui!'
Oscho = Orso (di Masha e Orso)
P
Pae = pane
Papà = papà
Pappa = pappa
Pa pappa = la pappa
Peppa = Peppa (Pig)
Pippi = pipì
Puva = uva
S
Sci = Sì
T
Tata = tata
Tatù = non abbiamo ancora capito se ha un significato...è la parolina che usa per tutto!
Titita = Nonna Rita (la bisnonna)
Tude = è chiuso oppure chiudi
Tunne = palla [questa non è del tutto chiara: 'tunne' perché fa il tunnel con la palla o perché la palla cadendo in terra fa 'tun'?]
Tutuuu = treno


Ultimamente ha iniziato anche a fare qualche piccola frase unendo variamente queste paroline, per esempio <<Papà a ca-a>> o <<Mamma cae>>. 


Per il resto, è un piccolo pappagallino che ripete ciò che gli diciamo e parla anche con i muri, facendo un sacco di discorsi che a noi adulti non è lecito comprendere...però di certo, finché non è sicuro, una parola non diventa parte del suo vocabolario abituale. 

Ancora una volta emerge questo lato del suo carattere per cui fa suo solo ciò di cui è sicuro al 100%.

La cosa più bella di questa sua fase per me è poter dialogare con lui, poter fargli una domanda e ottenere da lui una risposta, più o meno comprensibile, ma sempre una risposta, che esprime il suo piccolo pensiero.
Se gli chiedo dove si è fatto male, se è appena caduto, mi dice "Qui!" e indica il punto preciso dove già a che si prenderà un bacino.
Se gli chiedo se ha fame e gli propongo un certo alimento, sa dirmi "No" scuotendo la testa o "" strappandomelo dalle mani.

E' davvero emozionante PARLARE con mio figlio.

giovedì 3 settembre 2015

PORTARE UN BIMBO GRANDE



Portare in fascia un bimbo grande, di quelli che camminano da soli e vogliono solo correre, non è più una consuetudine, non è più la quotidianità con cui si porta un bimbo piccino. 

Portare un bimbo grande è un collage di momenti, di occasioni

È un insieme di attimi, magari pochi, spesso distanziati nel tempo.

Portare un bimbo grande è fatto di brevi ritorni in groppa. 
Di manciate di minuti, che alla mamma sembrano ore. 
Di momenti regalati.
Di legature semplici.
Di zainetti fatti alla velocità della luce, prima che cambi idea.
Di domande speranzose: 'Vuoi salire sulla schiena della mamma?'. 
Di rifiuti e silenziose accettazioni.
Di '' pronunciati sottovoce o urlati a squarciagola.
Di 'No'che risuonano tra il rumore dei piedini che scappano via.
Di selfie in fascia in cui lui urla 'Mamma!' quando ti vede nello schermo e ti indica col ditino.



Di ditine che segnano in giù, quando il tempo di stare in groppa è finito.
Di testoline addormentate che si appoggiano, calde e pesanti, sulla tua schiena sudata.



Di manine che frugano nell'armadio e tirano fuori la loro fascia preferita.
Di un bimbo che ti porta quella fascia e ti fa '' con la testolina.
Di una faccina stremata dal sonno che ti si aggrappa pancia a pancia e puoi legarlo solo così.
Di un bimbo che usa la tua schiena e le tue spalle come pista della sua moto giocattolo.



Di voglia di mamma improvvisa, magari mentre tu stai lavando i piatti o rifacendo il letto.
Di una mamma che molla lì tutto e si carica il bimbo in groppa.
Di manine che ti si aggrappano alle braccia o ti stringono il collo.



Di piccoli parrucchieri che ti acconciano i capelli.



Di fasce 'che ormai è troppo tardi per comprarla'.
Di un bimbo che vuole portare il suo peluche del cuore.
Di sguardi rivolti nella stessa direzione e tante chiacchiere su ciò che si vede insieme.


Di giorni in cui il bimbo preferisce il passeggino lasciato nel sottoscala. E tu non puoi farci niente.


Di un duro lavoro per accettare la crescita di tuo figlio, per lasciarlo andare quando te lo chiede.





Portare un bimbo grande è essere in due avvolti nel caldo e dolce abbraccio della fascia.

Prima c'ero solo io che portavo, che decidevo tempo e luogo. 
Ora siamo in due: io porto te, che decidi il dove e il quando. 
Non ballo più da sola. Ora balliamo insieme. Ora condividiamo il portare, il portarCI.