giovedì 7 aprile 2016

PERDERE IL CONTROLLO MA POI CHIEDERSI SCUSA

Fonte: Silvia Lonardo - Cose da Mamme
Lunedì mattina è andata così. Arriviamo dalla nonna come ogni lunedì. Scendiamo allegramente dall'auto. E lì, nello scendere, il ciuccio cade. Ovviamente nella terra. E ovviamente parte la nenia del <Mamma, dammi ciuccio!>. E come ogni volta: <Tesoro, aspetta che arriviamo in casa e lo laviamo, che cadendo si è tutto sporcato. Vedi i pezzettini di terra e asfalto qui? Li vedi, tesoro?>, con eccessivo infarcimento di termini teneri e coccolosi. Perché già sapevo come sarebbe finita! È infatti parte la sceneggiata. L'urlo, il piantarsi lì, dove si è, il muso lungo. Lo lascio lì e salgo le scale, speranzosa che mi raggiunga da solo. Niente. Il tempo scorre e devo andare al lavoro, per cui via, riuscendo e lo porto a mo' di pacco fino in casa. Sempre peggio e neppure l'aiuto della nonna serve per calmarlo. Neppure la proposta del ciuccio pulito. Neppure l'arrivo furtivo della gatta, che chiaramente appena vista la situazione ha tagliato la corda. Neppure il tentativo di farlo ragionare spiegandogli la situazione. Un piccolo indemoniato, con guance solcate da lacrime calde e la disperazione negli occhi. Tra che era lunedì, tra che ero già in ritardo, tra che era davvero surreale tutta questa scena per un ciuccio, che per altro ora aveva nelle mani, la calma l'ho persa. E l'ho sgridato. In malo modo. E sono uscita di casa e corsa al lavoro perché non volevo arrivare a dargli una sonora sculacciata. Sono uscita senza salutarlo, lasciandolo lì in lacrime. E in lacrime c'ero pure io, mentre guidavo. Buon lunedì, mamma.

Che brutta sensazione. Di fallimento. Di inutilità. Di sconfitta. Mi sono sentita cattiva. Anche perché mai, con nessuno, esco di casa arrabbiata. Anche nei contrasti con mio marito, facciamo pace sempre prima di uscire di casa. Così come prima di andare a dormire.

Per cui ecco, una bruttissima sensazione. Meno male che lo sapevo fra le braccia della nonna, che più tardi me lo ha portato al lavoro <3

Ci siamo guardati. Ci siamo sorrisi. Ci siamo abbracciati. E con la nonna che gli suggeriva all'orecchio, mi ha sussurrato <Cusa mamma>. E io gli ho sussurrato <Scusa puzzola>. E poi mi ha donato una delle sue Ziguli alla fragola, segno inequivocabile di pace.




Questi <terrible and sweet twos> mi stanno mettendo alla prova.

Esempi come quello di ieri mattina potrei farne tanti. Causa diversa, ma stesso procedimento, stesso susseguirsi dei fatti, stessa risoluzione. Non sempre così brusca, ma comunque non è mai piacevole lo scontro.
Perché se non è il ciuccio, è il volere il succo o il biscotto in piena notte; o l'ennesimo giro sulla giostra dopo averne già fatti diversi; o il dover rientrare in casa dopo un pomeriggio all'aria aperta; o vedere un'altra puntata di Peppa dopo quel paio pattuito.

Molto spesso io ce la faccio, o sono solo più predisposta di lunedi mattina, e mi mantengo calma, accolgo il suo pianto, la sua protesta, lo lascio sfogare e poi basta una piccola distrazione e si torna alla tranquillità.

Però è difficile da reggere. Per me mamma, ma immagino anche per lui, figlio.

E ancora più difficile è mantenersi coerenti. Perchè all'ennesimo attacco di pianto ti verrebbe la voglia di concedergli ciò che vuole per farlo smettere di disperarsi, per fargli tornare il sorriso sul visino bagnato, per far tornare la luce in quegli occhi che ti guardano come se gli stessi facendo un'inspiegabile ingiustizia con quel <no>.

Ma questo creerebbe confusione. Perchè comunque credo che la 'sfrontatezza' di un duenne sia dovuta al verificare fin dove può arrivare, ad imparare cosa può fare e cosa no. E, quindi, vacillare non è ammesso e sarebbe controproducente. Sono fermamente convinta che le regole siano importanti per la formazione e l'educazione del bambino. Per dargli dei punti di riferimento. Per insegnare il concetto di limite e rispetto.

Fonte: Consulenza Pedagogica Rossini-Urso

E così diventa un gioco di equilibri, di capacità a gestire con delicatezza ogni singola situazione per concedere quando la richiesta è sensata o tenere duro quando ciò che chiede non gli farebbe bene. Sapendo però, nel secondo caso, essere fermi ma non perdere la calma, accettare la protesta e aiutare il piccino a superarla senza che diventi un trauma.

Gestendo anche le reazioni di rabbia che a volte seguono il pianto. Diverse volte ho visto reagire mio figlio come a volerti dare uno schiaffetto o un calcetto quando gli dici di no. Noi in casa non usiamo questi metodi, ma forse la sua passione sfrenata per Hulk e l'Uomo Ragno si sta esprimendo anche così?
Comunque sia, in questi casi cerco sempre di fargli notare cosa ha fatto, a volte col gioco, facendo finta di mordicchiargli la manina, a volte spiegandogli che non si reagisce fisicamente alla rabbia o al pianto.

A qualunque persona ne parlo, la risposta è che ora è tutto facile...<Cosa farai nell'adolescenza?>.
Ecco, per il momento cerco di trovare la via migliore di comunicazione con mio figlio ora, accettando lui e tentando di accettare anche me, le mie reazioni, il mio comportamento. Accentando di essere una mamma che talvolta si arrabbia e cercando di far scorrere via rapidamente la tensione, imparando io stessa per prima da ogni situazione, per poter essere di supporto a mio figlio in questa fase della sua crescita.

Speriamo solo di fare un lavoro <sufficientemente buono>.

Lusi

[E voi, mamme di duenni scatenati, come gestite queste trasformazioni dei bimbi? Storie, aneddoti, esperienze da condividere?]