lunedì 31 ottobre 2016

HALLOWEEN: DIY FACILI FACILI

Foto: fonte web
Ve lo devo dire: io non ho mai festeggiato Halloween. Nè zucche illuminate, nè mostruose maschere, nè <dolcetto o scherzetto>. 
L'unico ricordo che ho della "notte delle streghe" ai tempi dell'infanzia è la luce degli "officieu", candele tipiche della tradizione ligure, ormai quasi introvabili. Famiglia intorno alla piccola fiamma, segno del ricordo dei familiari saliti in cielo.
Solo da ragazzina avevo un po' abbandonato la tradizione familiare per partecipare a qualche festa dallo spirito pagano...fatta di meravigliosi cioccolatini ai cereali, che ancora ricordo con l'acquolina in bocca, e qualche party (leggi: uno) in discoteca, con tanto di cappello da strega e trucco per l'occasione. Avevo vent'anni e tra le miriadi di ragazzi stipati nella sala avevo incontrato, o meglio re-incontrato, gli occhi di quello che oggi è PapàI. Ma questa è un'altra storia...

Stasera, con un bimbo di quasi tre anni, parteciperò alla mia prima festa di Halloween, un baby-friendly party a casa di amici.
Dovendoci un minimo preparare per l'occasione, ho lasciato fare alla mia parte creativa...e ho dato vita a qualche piccola creazione facile facile, adatta a chi si deve preparare all'ultimo momento.


Iniziamo con l'aspetto culinario! Ovvero come trasformare una normale torta salata in un piatto per Halloween.

Ingredienti:
Per la pasta:
200 g di farina
100 ml latte
1 cucchiaio di olio
Sale qb 
Per il ripieno:
Due fette di zucca
Mezza cipolla bionda
2-3 etti di riso
2 uova
Grana grattugiato

La pasta usata in questa ricetta è stata un'ottima scoperta! Facile (pure per me che fino a qualche mese fa compravo la sfoglia già pronta), veloce e versatile per ogni tipo di torta salata. 
Si dispone quasi tutta la farina su una madia o in una ciotola capiente, si aggiunge pian piano il latte e per ultimo l'olio, aiutandosi alla fine con la farina tenuta da parte.
Dopo aver lavorato gli ingredienti, è bene lasciarla riposare qualche minuto.
Per il ripieno, io sono partita avvantaggiata perché avevo il ripieno di zucca già bello pronto in freezer. Visto che la zucca è una dei più bei doni dell'autunno, me ne faccio sempre qualche riserva. In alternativa, ci vuole poco a far sbollentare la zucca, pulita e tagliata a pezzettoni, in modo da poterla schiacciare con la forchetta, per poi farla leggermente stufare con la mezza cipolla finemente triturata.
Si aggiunge poi al ripieno il riso cotto e sciacquato sotto l'acqua corrente. Si termina con due uova e grana grattugiato a piacere.
Al momento di disporre il tutto nel tegame, dividere a metà il panetto di pasta, stenderne una parte e riempirla con il ripieno, quindi stendere la rimanente pasta...e usare la fantasia per le decorazioni! Io e BabyD abbiamo scelto di riproporre una maschera come l'avessimo intagliata sulla zucca, ma pipistrelli, fantasmini e altri mostriciattoli possono decorare la superficie della torta.
Finita la preparazione, in forno a 180-200 gradi per una mezz'oretta.

Stasera ci gusteremo questa mostruosità...e vedremo se è buona quanto bella :-)


Possiamo partecipare ad una festa di Halloween senza un minimo di travestimento?
Ho pensato ad un costumino semplice, veloce e adattabile a tutte le età. 
Sono necessarie solamente magliette in cotone bianche o nere, magari di qualche misura in più. Poi feltro o stoffa bianca e nera o al limite un pennarello che scriva su stoffa.

Facciamo il vestito da fantasmini!

Materiale:
Maglietta in cotone (se possibile di qualche misura più grande)
Pezzi di stoffa o feltro
In alternativa pennarelli per stoffa

Per il cucciolo abbiamo recuperato una maglietta XL bianca del nonno, in modo che faccia proprio da abitino; per mamma e papà ci siamo accontentati di magliette nere un pochino datate scovate in fondo all'armadio.
Ho ritagliato la forma per fare occhi e bocca del fantasma, neri e bianchi, da usare in contrasto col colore della maglietta, e li ho cuciti con del filo. Cucitura non precisa, eh...
Eventualmente si può disegnare direttamente sulla maglia con il pennarello per stoffa.







Nel caso della maglietta per BabyD, o tagliato anche la parte inferiore della maglietta, in modo da dare un po' di movimento e farlo sembrare di più un fantasmino svolazzante. Effetto dato anche dalle maniche larghe.







Ed ecco così semplicemente pronta la famiglia di fantasmi! 

E voi? Avete preparato qualcosa per questa sera?
Happy Halloween a tutti!

mercoledì 19 ottobre 2016

NON HO SCELTO PER TE, MA TI ACCOMPAGNO PER MANO


Qualche settimana fa ho portato BabyD ad un incontro di psicomotricità propedeutico alla danza, tenuto da una mia amica. Un'iniziativa veramente bella, basata non solo sulla musica e il movimento, sulla coordinazione e sul rispetto delle regole e degli spazi, ma con riferimenti al mondo montessoriano, al 'ti insegno a fare da solo', allo sviluppo della libertà di ogni bimbo.
BabyD è entrato nella palestra lanciatissimo, tutto saltellante, attratto da maracas e tamburelli che l'insegnante aveva disposto a terra. È partito, con gli altri bimbi, dal 'cerchio della partenza', ha fatto un pezzettino di percorso brandendo la spada in gomma consegnata ad ogni maschietto, si è seduto sui tappetini per fare gli esercizi di coordinazione. Poi ha fatto un passo indietro, si è seduto vicino a me ed è stato ad osservare, senza più partecipare attivamente, nonostante gli inviti della maestra, nonostante io lo accompagnassi nel gruppo per mano. Tutto in estrema tranquillità, senza piangere, lamentarsi o annoiarsi. Ha semplicemente guardato ciò che accadeva. 
Alla fine della lezione, al momento del "liberi tutti", si è alzato e ha cominciato a giocare, un po' da solo, un po' con gli altri bimbi. Per poi continuare quando ci siamo spostati tutti al parchetto lì vicino.

Succede sempre così quando si trova in un gruppo numeroso. Questa apparente asocialità si annulla se il gruppo di bimbi è limitato a due o tre. Gli basta giocare una volta con un bambino per dire a tutti che è suo amico, per correre da lui appena lo vede, per condividere con lui ogni gioco. Qualche giorno fa, per esempio, mentre correva nella stradina vicino alla nostra futura casa, è inciampato e si è procurato un bel taglio sul labbro. Mentre lo portavano alla fontana più vicina (in casa non abbiamo ancora l'acqua), è arrivato il suo amico Leo, compagno d'asilo. Appena visto lui, quasi non gli interessava di avere quel taglio che lo aveva fatto piangere fino ad un secondo prima. <Voio andare giù, dal mio adico!>.

Questo suo giocare in disparte, osservare da fuori quando c'è un gruppo di bambini, ma contemporaneamente condividere ogni suo gioco e attività quando ci sono solo lui e uno o due amici è una caratteristica delle sue <relazioni sociali>.

Che poi, a dirla tutta, è il mio stesso modo di essere sociale. Anche io, a trent'anni suonati, sono molto più a mio agio nelle amicizie singole, o comunque relative ad un piccolo gruppo fidato, e sono pessima, invece, se si tratta di grandi numeri. Per dire, con la mia amica <più datata> ci conosciamo dai tempi della prima elementare e si può dire che non ci siamo più lasciate, anche se viviamo a centinaia di chilometri di distanza. Non riesco, al contrario, a partecipare attivamente per esempio ai gruppi whatsapp o a serate fatte di grandi numeri. Solo da quando sono mamma ho tante "amiche mamme" con cui condivido la mia vita; prima avevo le mie amiche di sempre e stop.

Io e lui siamo fatti per la grande Amicizia, quella che trovi da piccolo e non cambi più.

A volte, però, a me pesa essere così asociale nelle attività di gruppo. Soprattutto nell'adolescenza questa innata ritrosia mi ha fatto sentire più volte a disagio. Avrei voluto essere spontanea e invece mi chiudevo sempre più a riccio.

Dato ciò, mi viene spontaneo aiutare e supportare mio figlio da questo punto di vista. Penso che accompagnarlo ad attività che prevedano il gioco di gruppo sia salutare per il suo carattere, invece che tenerlo da solo. Anche perché essendo l'unico bimbo piccolo della famiglia non ha (ancora) fratellini o cuginetti con cui giocare spesso.

Così abbiamo fatto acquaticità quando aveva tre mesi e laboratori montessoriani quando di mesi ne aveva sei. Asilo nido a dieci mesi (ma questo per necessità!). Insomma, le attività di gruppo non gli sono mancate fin da piccolino. E ora questo corso di psicomotricità mi pareva una fantastica idea.

Però mi chiedo se sia giusto tentare di coinvolgerlo in questo genere di attività, in cui, come si è visto, lui si mette presto in disparte e fa l'osservatore. 

Sto forse solamente rivedendo me in lui e quindi conducendolo verso una strada che vorrei fosse la mia?

È giusto che lo spinga perché so che (forse) gli farà bene o è ancor più corretto, o meglio dire rispettoso, assecondare il suo carattere e lasciarlo libero di esprimersi dove e quando vuole lui?

Conoscendolo, sono quasi sicura che gli sono necessari, e sufficienti, un paio di incontri prima che si sblocchi e si lasci coinvolgere. Deve studiare la situazione e capire se può far per lui o meno, prima di agire. 
D'altra parte, vorrei fosse lui a manifestarmi l'interesse di proseguire un'attività, anche se è piccino...perché dopo il mio input iniziale sono certa che sappia se una cosa gli piace o meno.

Quando siamo tornati a casa dopo la prova di psicomotricità, gli ho chiesto se gli era piaciuto il pomeriggio. Mi ha risposto di sì, senza esitazione. Poi gli ho chiesto se voleva tornarci. E, con fermezza, mi ha detto di no.

<Che faccio ora?> mi sono chiesta.

Papà e nonni mi hanno caldamente consigliato di <lasciarlo stare>, che è piccolo e ha tutto il tempo di fare attività di gruppo. 

Io ammetto di essere stata combattuta. Poi ho optato per non iscriverlo. Per ora. 
Per non forzarlo.
Perché ha appena iniziato la scuola materna e vita sociale ne fa comunque tutto il giorno.
Perché siamo in attesa di traslocare. E fino a quel giorno ogni mattina e ogni sera ci facciamo i nostri venti chilometri di auto per raggiungere lui l'asilo e io la farmacia.
Insomma di fonti di stress ne ha (abbiamo) abbastanza senza sforzarci.

Non so se ho fatto la scelta giusta. Ma per ora nei momenti liberi ci facciamo una passeggiata nel bosco a raccogliere le castagne, due corse sul piazzale della Chiesa con i compagni d'asilo che incontriamo o ci facciamo coccolare dai nonni. 

Non ho scelto per te ma ti accompagno per mano dove desideri andare. E, al momento, mi pare la decisione migliore. 

giovedì 6 ottobre 2016

ADDIO AL CIUCCIO. LA FINE DI UN AMORE


La nostra esperienza sull'addio al ciuccio è il tipico esempio di come io, mamma, segua il metodo, l'assecondare i bisogni di mio figlio, l'ascoltarlo e osservarlo perché arrivi da solo, secondo i suoi tempi, a fare una data cosa e di come lui, il papà, sia semplicemente (e dolcemente) sbadato su ciò che riguarda l'accudimento di nostro figlio. E di come il mio metodo non sempre funzioni e il suo invece sì.

Per cercare di iniziare il distacco dal ciuccio, diventato il grande amore di mio figlio dai cinque-sei mesi in poi, me ne sono inventata di ogni. Dalla favola della <Fatina della nanna> all'arrivo di vari cuginetti a cui regalarlo, dalla possibilità di donarlo ai cuccioli della gattina di casa. 

Nulla da fare, lo abbandonava per un po' ma poi tornava a cercarlo. La nanna senza il ciuccio non era possibile. Per calmarsi dopo un pianto non c'era abbraccio della mamma che tenesse, solo con il ciuccio si riusciva nell'impresa. Così come nella consolazione dopo un accesso di rabbia per qualcosa che non gli si era concesso. Tante volte ci ha salvati da crisi fuori casa, tante volte lo abbiamo ringraziato per sollevarci la mente dall'ennesimo urlo. 
Però stava diventando davvero una piccola ossessione per BabyD. E inoltre i suoi dentini iniziavano a diventare un po' troppo <da coniglietto>, tanto che anche il nostro pediatra, che sulla gestione di queste cose non si è mai sbilanciato, lasciando a me di trovare il modo più utile per mio figlio, mi aveva consigliato di tentare di togliergli l'abitudine di ciucciare.

Una bella impresa, a cui tra l'altro nessuno mi aveva preparata. Tutti a demonizzare l'uso del ciuccio per non    interferire con l'allattamento o al
contrario a riprendermi con sguardo compassionevole perché non gli davo un po' di ciuccio; tutti con sguardi di sorpresa e stupore per un allattamento durato ventidue mesi; diversi che vedendolo col ciuccio lo riprendevano dicendo: <Oh ma sei grande per il ciuccio!>. Ma nessuno che si sia premurato di avvertirmi di come potesse essere complicato levare il ciuccio!

Io non volevo fosse un trauma per lui. Tra l'altro, andando all'asilo nido, era diventato un po' la sua ancora di salvezza quando era lontano da casa, il suo "oggetto di transizione", quindi un divieto brusco non mi sembrava la soluzione migliore. E così ci ho provato per mesi, ma con il solo risultato che invece di due ciucci, gliene basta uno per calmarsi e addormentarsi. Ma non si andava oltre.

Poi, un giorno dell'estate appena passata, il papà è andato a prendere BabyD al nido. Bimbo entusiasta di questa novità, ritorno a casa in bicicletta, saluti veloci alle tate e abbracci stretti al collo di PapàI.
Tornata a casa tardi dal lavoro, solita routine quotidiana...e a fine giornata arriva il momento della nanna. Cerco il ciuccio, il nostro unico ciuccio (perché volendo toglierlo non ne avevo comprato uno di scorta), ma non lo trovo nei soliti posti. 




<Dov'è il ciuccio di Dani?>
<Ah boh...io non lo so!>
<Caro - ironicamente detto - l'ho portato all'asilo stamattina. L'hai chiesto alle tate, vero?> 

E già sapevo la risposta.
<Mmmh...io? No!>
Gelo nei nostri sguardi.
E ora?!?
Il piccolo cominciava già a frignare.
Il papà ha preso la situazione in mano, assumendosi la sua responsabilità, e gli ha detto, con calma, che il ciuccio era all'asilo e l'avremmo preso il giorno dopo. 
Eravamo pronti ad una lunga battaglia, invece lui dice <Si, va bene> e da quel momento non si è più parlato di ciuccio in casa nostra.

Non l'ha cercato più, se non per avere la conferma, la mattina dopo, che fosse davvero all'asilo. Le tate del nido ci hanno supportato in questa impresa e tutto si è risolto così, con un'accettazione della realtà delle cose che mi ha stupita. 

Abbiamo salutato il ciuccio, chiuso ora nel cassetto dei ricordi insieme al suo primo succhietto e al primo paio di calzini.

Io e le mie storie non siamo riusciti dove la sbadataggine, o forse meglio dire la risolutezza, la tranquillità, la semplicità del papà hanno avuto la meglio. O forse quello era il momento giusto per lui. O forse tra uomini si sono capiti meglio!

Comunque credo anche, avendolo osservato in altre situazioni, che mio figlio sia proprio così: sa accettare la realtà dei fatti. Tante volte per fargli fare una cosa bisogna essere bruschi e risoluti. Se tenti di convincerlo e vuoi decidere tu per lui, non otterrai nulla. Ma metterlo davanti alle cose fatte, lasciandogli semplicemente lo spazio di decidere lui se accettare o meno, rende tutto più facile. Forse lo rassicura semplicemente. Combatte ed esige se vuole qualcosa che sa che può avere, ma se quella cosa non c'è più, ne accetta la mancanza.

Era una situazione del tutto diversa, ma è successa la stessa cosa quando la gattina di famiglia è volata in cielo. Era la sua amica a casa dei nonni, la nostra Briciola. La tormentava come fa ogni bambino, ma lei lo cercava sempre. Poi una notte, senza alcun preavviso se ne è andata. Pensavo che l'avrebbe cercata, che sarebbe stato difficile fargli capire cosa era successo. Invece l'ha chiamata ogni volta e gli abbiamo detto che era andata sulle nuvole. Non ha più cercata. Ha ripetuto <È andata sulle nuvole> quasi a vince verde e poi basta. E se gli chiedi dov'è ti dice sereno che è lassù.

Sanno essere meno razionali di noi, i bimbi. Con una mente più semplice e che sa anche affidarsi, e fidarsi. 


Gli strascichi del suo amore per il ciuccio si vedono solamente quando si trova con un bimbo più piccolo di lui, un neonatino, a cui vuole imporre il ciuccio per forza. Lo fa sempre. Quasi a dire: <Ma come? Te che puoi non lo vuoi?>.